mercoledì 30 gennaio 2019

Back at it, again

Sono passati davvero molti anni dall'ultima volta che ho scritto qualcosa su questo blog. Rileggendo gli oramai datati post di questo minuscolo spazio virtuale mi sembra che siano passate innumerevoli vite, e ho la costante impressione che colui che ha scritto questo diluvio di pensieri non sia io.

Mi sono sforzato davvero tanto per richiamare alla mia mente i ricordi di quei mesi, cercando di inquadrare lo spirito di quei post. Ho miseramente fallito.
Ho solo vaghi ricordi di quelle sensazioni, e sono sicuro che anche quelli sarebbero ingannevoli.

Però sono contento di constatare il fatto che, anche a distanza di anni, mi rispecchi ancora in quelle che posso adesso definire convinzioni giovanili. Col senno di poi, è rincuorante sapere che dopo più di un lustro di esperienze, amori e delusioni, successi e fallimenti, risate e sofferenze, alcune idee che speravo di non abbandonare siano rimaste con me. Certo, sicuramente molte cose sono cambiate, ma cosa non cambia, in quasi otto anni? Col tempo le percezioni vengono riallineate, e questo singolo fatto genera un vero e proprio uragano di cambiamenti: amicizie perse e trovate, amori abbandonati e sbocciati, nascita e morte di tutto ciò che è o può essere.

Perché sto scrivendo tutto questo proprio adesso? Non ne ho idea. Forse per convincermi di aver ancora qualcosa da dire, o forse perché ne ho bisogno, come è sempre stato ogni volta che mi sono ritrovato a buttare giù le mie riflessioni su questa pagina. Allora la scrittura era una fondamentale valvola di sfogo in un contesto che mi stava stretto. Le costanti pressioni, ansie, i sogni e le speranze venivano immagazzinate in un remoto angolo mentale e meticolosamente dissezionate in brandelli di parole, incollati e ricuciti su una pagina bianca. Allo stesso modo di un pittore, utilizzavo la scrittura per esprimere la mia visione del mondo. Visione che più volte non veniva condivisa. Solo adesso mi rendo conto che non veniva condivisa poiché semplicemente non compresa. Ero il diverso, lo strambo, colui che dice cose sconclusionate e che quindi risulta automaticamente grottescamente comico. Avrei preferito essere silenziosamente ignorato, piuttosto che umiliato e deriso.

Eppure ho continuato malgrado tutto, perché la soddisfazione di un bisogno primordiale come la sopravvivenza, o in questo caso la preservazione della propria sanità mentale, non conosce ostacoli, neppure la gratuita cattiveria di altri esseri umani, che solo ora compatisco, dato che l'insicurezza si aggrappa spesso alla prevaricazione e al bisogno di supremazia.

Ma perché parlare di tutto questo dopo così tanto tempo? Perché solo adesso ho la lucidità per lasciarmelo scivolare di dosso. Se dovesse ripresentarsi uno scenario simile a quello poc'anzi descritto, sono certo che saprei affrontarlo al meglio, perché adesso conosco finalmente il mio valore, e so come preservarlo.

Ad ogni modo, mi sono dilungato fin troppo su quella che volevo che fosse un'introduzione. In questa notte invernale accompagnata da nuove melodie, che stanno diventando la colonna sonora della mia vita in questo preciso momento, sento il bisogno di far ricorso alla scrittura per fare un doveroso bilancio sulla mia esistenza, da qualche anno a questa parte.

Da dove cominciare? Non ne ho proprio idea.

Innanzitutto, diverse amicizie giovanili si sono riconfermate, e i legami stabiliti sono divenuti col tempo sempre più saldi. Ho trovato nuove persone con cui condividere esperienze e pensieri, e sono certo di poter dire che anche con loro i rapporti rimarranno duraturi.

Ho amato e sofferto molto. Nella mia mente rimane limpido il ricordo di tempi leggeri e spensierati, vissuti con la mente sgombra e il cuore in fiamme, così come è altrettanto vivido il ricordo della fredda morsa dell'inquietudine, quella sensazione nelle viscere che è foriera di notizie funeste. In me vive ancora quel pomeriggio in cui piansi tutte le lacrime che avevo in corpo per aver volontariamente detto addio a ciò che ritenevo più caro, solo perché ero certo che le cose tra noi erano irrimediabilmente compromesse. Sono seguite altre storie, più o meno burrascose, alcune vissute fianco a fianco con amici fidati, e sono sicuro che proprio queste esperienze condivise abbiano contribuito a quel senso di fratellanza che avverto oggi.

Mi sono messo in gioco. Ho abbandonato le comodità di un ambiente familiare per compiere un passo verso l'ignoto. Oltre la soglia, ho trovato nuove cose da scoprire, tante occasioni da sfruttare, nuove insicurezze e nuove certezze. Mi sono lasciato alle spalle un ambiente insoddisfacente, benché sicuro, e me ne sto costruendo uno nuovo, con pazienza, forza di volontà e non poca fatica. Ho abbandonato la frustrazione e la monotonia per accogliere le frenesia e, paradossalmente, una ritrovata sensazione di calma ed ordine.

Ho sperimentato e sto sperimentando il duro lavoro. Quel sudore sulla fronte che alla fine di ogni giorno ti fa tornare a casa col sorriso, perché sai di starti guadagnando ogni singola cosa nella tua esistenza. Le mie ambizioni si sono scontrate bruscamente con l'indifferente realtà, ma attraverso l'umiltà ho capito come trarre il meglio da ciò che la vita ti offre, e al momento sono soddisfatto di ciò che ho.

Ho incontrato nuove e interessanti persone. La grande diversità di esseri umani con cui mi trovo ad interagire, e i singoli rapporti che sto stringendo con alcuni di loro mi fanno sorridere. Sarà che in queste piccole dinamiche vedo riflesso l'uomo che sono divenuto, e questo mi porta tanti pensieri su quel che è stato e su quel che sarà. L'incertezza a volte può essere sgradevole, ma in questo caso genera in me unicamente curiosità.

Tirando le somme, cosa ho fatto quindi in tutto questo tempo? Ho vissuto, attraverso gioie e dolori. Nulla di più.

La vita è come un giro su una giostra in un parco giochi, diceva Bill Hicks quasi trent'anni fa.
Sto cominciando a sperimentare la cosa personalmente per la prima volta. E il giro di giostra, in questo momento, mi rende consapevole dei miei mezzi e felice anche delle scelte sbagliate. Perchè, oggi come allora, è anche grazie a loro che sono quello che sono.

What a time to be alive.

venerdì 25 novembre 2011

Contemplando l'alba

La luce del sole risplende in tutta la sua magnificenza di fronte ai miei occhi, e carezza leggermente il mio viso, che ora sembra perdere ogni accenno alle ansie che lo hanno segnato.
Il mio corpo, provato dal lungo cammino, ricomincia a riprendere vita, animandosi di una nuova energia che sostiene i miei passi.

Sto bene, sono felice, e non mi serve altro.


sabato 24 settembre 2011

La Marcia

Proprio adesso mi ritrovo a pensare che, spesso, la vita va nel verso sbagliato solo per metterci alla prova. Vedere fin dove siamo capaci di sopportare. Fino a che punto siamo volenterosi a sprofondare nel fango. In sostanza, ritengo che dopo i periodi più bui, alla fine, qualcosa di buono arriverà.

"All sweet things will come again"

domenica 11 settembre 2011

Vertigine, ancora.

A volte capita di volare. Ed il volo porta a grandi altezze.
Ma spesso, quando voli, puoi anche cadere.

E la caduta sembra interminabile.
Interminabile e dolorosa.

Ma poi apri gli occhi, e scopri che quella era solo una proiezione mentale, e che la strada è ancora lì che attende di essere percorsa.

Eppure la sensazione rimane.
E ti da i brividi.

Un pò come adesso, quando sai che ti stai muovendo lungo una via che porta molto in alto, ma che al minimo passo falso, ti attende il baratro.

Stabilire un traguardo basta per evitare i pericoli? Penso proprio di no. Però può motivarti a procedere, benché consapevole delle possibili conseguenze.

In sostanza, è meglio procedere e poi fare i conti con le proprie abilità, piuttosto che restare lì a rimirare il panorama da un punto sicuro.

...e quindi percorriamola, questa strada, che il tempo di leccarsi le ferite è passato da un pezzo.


domenica 7 agosto 2011

Labirinto quotidiano

Leggo sempre più spesso di "relazioni" (nel senso più ampio del termine), se così possono essere chiamate, costruite sulle menzogne.
E sempre più spesso mi chiedo come è possibile che queste riescano anche solo a rimanere in piedi, o addirittura a nascere.

Cioé non so... gente che dice di apprezzare molto dell'altra persona, quando in realtà, in separata sede, non si fa remore a sparlare dicendo il peggio, spesso e volentieri con compiacimento.
Poi però, ovviamente, si torna tranquilli e sorridenti e si va avanti così.
Menzogne.

Questa smania di apparire di fronte agli altri, perché di questo si tratta, alla lunga infastidisce.
E benché sia una questione di facciata, la gente la carica di importanza. E cerca anche di affibbiagli un significato.

Come se fossero queste le cose importanti. Apparire, far vedere, e poi, tranquillamente, mentire.

...

Paradossale.


martedì 31 maggio 2011

La fiamma liquida

La mia energia è a livelli stratosferici.

E dire che prima ero un pò scocciato e sotto tono.
Mi annoiavo di ogni cosa e, addirittura, respingevo gran parte delle cose che mi hanno sempre fatto piacere.

Ma adesso vedo di fronte a me ciò che potrei definire l'alba della gloria.
Cioé capiamoci... le cose cominciano a filare per il verso giusto.
Vita, colore. Ogni cosa assume una diversa connotazione e si incastra alla perfezione nel mio schema di vita.

Sto riscoprendo un vigore che credevo di aver dimenticato.
Quello stesso vigore che mi permette di fare cose impossibili.
Quello stesso vigore che mi predispone ancora più gentilmente del solito verso gli altri.
Quello stesso vigore che mi permette di affrontare ogni cosa con un grande sorriso di compiacimento, perché ogni sfida che ci si presenta davanti è un'occasione per migliorare.

Credo che ciò che mi scorra dentro al momento sia come una violenta fiamma liquida.
Fiamma che mi anima, e mi riscalda, e che abbatte tutto ciò che incontra, ma con l'intento di scomporlo e poi riassimilarlo al suo interno, come parte di esso, divenendo sempre più impetuosa.

Posso giurarvelo adesso con la mano destra sul cuore: la mia positività non ha confini.

E a questo proposito, mi sovviene alla mente un'immagine piuttosto evocativa che non mi dispiace affatto: il guerriero valoroso che, dopo la battaglia furiosa, corre lungo la prateria al di sopra del suo fidato cavallo, passandosi la mano tra i capelli per poter estendere il suo sguardo vigile verso l'orizzonte, battendosi con forza il petto e urlando...

Sono ancora vivo, e la mia corsa non si arresta quì.


lunedì 23 maggio 2011

Mettersi in gioco

Sono passati già un paio di giorni dell'inizio della mia riflessione riguardo l'importanza di superare i propri limiti.
Andare oltre.

Trovare il coraggio di fare ciò che ci si vergogna di fare, ma non solo.
Trascendere se stessi e le proprie abitudini. Allargare i propri orizzonti.
Rischiare. Sperimentare. Mettersi in gioco.
Assaporare. Scoprire. Tastare.

Espandere le sensazioni. Avventurarsi in territori nuovi e inesplorati.
Come il viaggiatore che si dirige alla volta di esotiche località semplicemente per il gusto di volerlo fare, guidato da un insolito brio.

Stamattina rileggevo I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang Goethe e, tra le varie righe, mi è saltata all'occhio una frase banale, ma che comunque mi ha fatto riflettere un pò.

"...non merita minor biasimo del vile che, per paura di prenderle, evita i contatti col nemico."

Alla fine è proprio questo il punto. La paura di sbagliare porta al rifiuto del nuovo, e quindi alla chiusura mentale. Ora, c'è gente a cui questo non dispiace, ma io onestamente non riuscirei a sopportare un'esistenza simile, che a mio modo di vedere non è di alcun interesse. Per questo ho preso la mia risoluzione: fare uno sforzo di prospettiva e riuscire a fare quel passo in avanti che può smuovere la situazione, senza timore dell'ignoto e della sconfitta.

In sostanza, il discorso riguardante gli errori che servono per migliorarci, per elevare la nostra coscienza ad un livello superiore, in modo tale che essa possa superare difficoltà sempre maggiori senza temere costantemente il peggio, ha il suo fondo di verità.

E sì, sono parole risapute. Ma quando qualcosa viene vissuta sulla propria pelle per la prima volta, o quando la si riscopre, si riesce ad assimilare il senso più profondo della sua mera essenza, e, a volte, se ne carpisce la semplice, quanto sconvolgente, veridicità.

Aprire la porta e semplicemente sporgersi a guardare è senza dubbio la via più comoda e meno dolorosa, ma alla fine cosa resta? Probabilmente, solo il rammarico per non aver cominciato a camminare.

Quindi, perché non sfidare noi stessi e tentare di cambiare le cose? Alla fine della fiera, si potrà comunque asserire con onorevole tranquillità di aver vissuto.