venerdì 17 dicembre 2010

Suggestioni di una tranquilla notte invernale

Tutto inizia, come al solito, da un avvenimento banale.

Indossata rapidamente una giacca e una sciarpa, infilo le mani nei guanti, afferro le chiavi di casa, il lettore musicale e scendo in compagnia del mio fedele compagno canino.

Io e lui siamo due raminghi nella notte, due viandanti sulla strada desolata.

La luna, in fase crescente, illumina il nostro cammino, e attorno a noi quasi non c'è vita. Si odono solo i pochi suoni della vita notturna, ora più che mai tranquilla. Ogni cosa sembra avvolta da quella perfezione che solo l'inverno, in rari casi, riesce a dare.
Incredibilmente, il gelo degli ultimi giorni sembra meno minaccioso, e quindi vi è tutto il tempo di godersi una camminata. Prendere il proprio tempo. Rallentare da questa banale frenesia - che rende ciechi, nervosi e maldisposti - da cui tutti sono presi.

Una leggera brezza fresca mi accarezza la mani. Per sentirne meglio il tocco sfilo il guanto destro e lascio vagare la mano nell'aria, come a voler accarezzarla a mia volta.
La sensazione è abbastanza piacevole, nonostante il freddo che, benché sopport
abile, fa sentire la sua bruciante presenza.

Un riff di chitarra, deciso ma non rumoroso, mi viene incontro in questo mio vagare. Poiché ne ho voglia, inizio a cantare a bassa voce, seguendo le parole mentre continuo ad avanzare lungo la via.

Now the hours are breathing
Gone like tears in yesterdays rain

Trasportato dalla melodia, continuo a lasciare la mano vagare, poi la faccio passare dolcemente
tra i capelli, dalla tempia alla nuca. Ho sempre adorato questa sensazione. Sapete, la trovo graziosa.
Dopo un pò il guanto compre nuovamente la mia mano, che adesso cerca un pò di calore.

Nel mentre una tranquilla ballata - dai suoni velati e quasi onirici - prende il posto di una più energica canzone e culla le mie orecchie.

Talking to you from the other side of a wall in my mind

And it's clear that you're near to me

E come al solito, la mia mente vaga nell'infinità del vissuto.
Alcune
cose, successe a persone a me care, ultimamente hanno turbato le mie giornate.
Alcuni possono considerarle cose di poco conto, ma io no: non sono affatto faccende di poco conto, non finché delle persone che conosco, apprezzo e stimo ne sono coinvolte.


A mio modo di vedere, la gente che lascia correre così facilmente gli eventi altrui non fa altro che omaggiare il proprio ego.
Che senso avrebbe sminuire la faccenda, liquidandola come una sorta di noiosa pratica burocratica di routine? Siamo davvero così stupidi da non saperci aiutare l'un l'altro? Oppure sono solo io che ho un diverso ideale di umanità?
Non posso saperlo.

Comunque sia, mi sono reso conto che, alme
no per adesso, l'unica cosa che posso fare è scambiare qualche parola di conforto e solidarietà con queste persone e, quando sono in solitudine, rivolgere a loro un pensiero, che però purtroppo resterà nascosto e inascoltato. E tutto ciò non mi basta, sapete?

Ho voglia di fare di più. Rendermi utile. Anzi, neanche utile: mi suona troppo egoista. Presente. Forse è questa la parola giusta.

Va bene anche una semplice tazza di tè caldo mentre fuori piove per i successivi mesi. Anche una mezz'oretta di tranquillità. Anche solo cinque minuti per scambiarsi qualche stretta di mano, un abbraccio o - addirittura - solo incrociare lo sguardo. Sono piccoli gesti, piccoli segnali, che mi rincuorano e che mi fanno sentire meglio.
Può
non sembrare, ma alle persone ci tengo, e non poco.

Dopo questo lungo vagare nei miei pensieri e nella fredda nottata, si è fatta ora di calare il sipario.
E intanto già sento che domani sarà solo un altro giorno, in cui la luce del sole mi carezzerà il viso e mi dirà che questa lontananza che sento è solo un'illusione. O almeno, mi auguro che sia così.